PERCHÈ DI OPPENHEIMER SI È PARLATO COSÌ POCO IN QUESTI ANNI?
Dopo i tanti giudizi entusiastici su Oppenheimer (il film) – tra cui Carlo Rovelli – ero curioso di vederlo. Uscendo la domanda principale è “perchè di Oppenheimer (l’uomo) si è parlato così poco? In questa domanda, c’è forse una critica stessa al film.
Benintesi: Nolan ha meriti enormi. Dopo anni di nulla o quasi, un film di 3 ore che val la pena di essere visto, che fa discutere e pure a fine agosto riempie le sale. Il settore in crisi ringrazia. E chi lo sa che magari non influisca su nuove vocazioni per una nuova generazione di fisici! Speriamo.
Però torno alla domanda: perchè di questo personaggio così centrale, così affascinate e così complesso si è parlato così poco? Le sue contraddizioni sono emblematiche: ha guidato la costruzione della bomba sapendo cosa stava facendo per poi diventare profeta del disarmo; temeva una reazione a catena che avrebbe distrutto il pianeta ma è andato avanti lo stesso – Fermi ne sa qualcosa – eppure poi si è battuto per le sorti del mondo; è stato un cervello al servizio del predominio planetario degli USA pur avendo simpatie comuniste… Prima eroe nazionale, poi delegittimato.

E sullo sfondo del film e della vicenda umana un processo-farsa di una commissione governativa: l’uomo che si strugge per essere diventato demone, a giudizio, non per il suo vero crimine contro l’umanità, ma per le simpatie, più a livello intellettuale, per la dottrina marxista.
È qui che un po’ ci ho visto il tentativo dell’America di fare i conti con una parte funesta della sua storia: sono stati gli USA a sganciare l’atomica, non i nazisti. Openheimer è la bomba e in quanto tale è argomento scomodo, anche per il suo pentimento. Come sono scomode le riflessioni sul male fatto poi all’uomo (come a tanti) per le simpatie di sinistra in pieno mccarthismo. Anche quella è storia americana.
E, nello spostare frettolosamente oltre la riflessione – la Terra che brucia oggi e non per l’atomica – ci ho visto una sorta di autoassoluzione: con Openheimer è andata così, forse qualcosa si è sbagliato ma possiamo usare la stessa lente e lo stesso approccio di fronte alle nuove sfide dell’umanità.

Perchè poi, il parallelismo con oggi c’è tutto: i cambiamenti climatici, la nostra comprensione non piena sullo sviluppo tecnologico e i suoi rischi. E militarmente la guerra in Ucraina, le riflessioni su quale ruolo per gli USA nello scenario dato, con una nuova guerra fredda rispetto cui siamo agli esordi.
E per me centrale la questione della scienza, ossia l’unico vero metodo per alimentare il sapere e, a questo proposito, l’inquietante riflessione di Robert Penn Warren in “Tutti gli Uomini del Re”:
“Il fine ultimo dell’uomo è la conoscenza, ma c’è una cosa che non saprà mai. Se sarà salvato o ucciso dal sapere. Sarà ucciso, d’accordo, ma non saprà mai se sarà ucciso per il sapere che ha acquisito o per il sapere che non ha acquisito e che se invece avesse acquisito lo avrebbe salvato”.

Alfredo Simone Negri

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