Oggi tre note.
La prima sul salario minimo e sull’incontro di ieri pomeriggio tra governo e opposizioni.
A mettere in fila le notizie che sono uscite si capisce che la maggioranza e Palazzo Chigi, nonostante i tentativi, non sono riusciti a cancellare il tema dal tavolo.
Succede quando la realtà (i 3 milioni e mezzo di lavoratrici e lavoratori poveri) scaccia dalla scena i tentativi di rimozione.
Si è passati così dall’annuncio roboante di un emendamento interamente soppressivo della norma a una più cauta sospensione estiva del dibattito e al confronto di ieri dove il governo si è presentato a mani vuote e le opposizioni hanno tenuto il punto in uno spirito unitario che per la prima volta dopo la sconfitta elettorale ha messo il governo nella condizione di rincorrere l’agenda di una possibile alternativa.
Adesso parte una raccolta di firme dal basso per imporre al parlamento una discussione nel merito della misura: non dico che il traguardo sia dietro l’angolo, ma penso che in questa battaglia possiamo contare sul consenso di una maggioranza del paese.
E questo, si sa, molto spesso ha fatto la differenza.
La seconda nota è sulla denuncia uscita ieri sul Domani in un servizio di Gigi Riva (da ringraziare per questo): una struttura sanitaria privata e accreditata ha sperimentato al Policlinico San Marco di Zingonia (Bergamo) un servizio tagliacode a pagamento per l’accesso al pronto soccorso in casi meno gravi (codici bianchi e verdi).
In pratica, pagando 149 euro si aveva diritto a un’assistenza immediata evitando di incappare nella situazione caotica, spesso disastrosa, dei pronto soccorso sparsi da nord a sud.
Soltanto a Roma nei giorni prossimi si stima una carenza di personale, medico e non, attorno al 10 per cento destinato a salire ancora a causa di assenze e ferie.
La notizia ha generato una serie di reazioni e la struttura è stata costretta a recedere dall’iniziativa
Rimane lo scandalo in sé: un sistema sanitario pubblico al collasso mentre si tagliano le risorse sia del Pnrr (poco più di 15 miliardi di euro all’origine) sia del fondo ordinario con una previsione da parte del governo di un rapporto tra Pil e spesa sanitaria nel 2025 del 6,1 per cento.
Col dettaglio (che tale non è) che secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità un rapporto di quel genere implica inevitabilmente un taglio dei servizi essenziali erogati.
Penso che questi due terreni di iniziativa (salario minimo e rilancio di una sanità pubblica degna del nome) possano davvero diventare il campo che ricostruisce immagine e sostanza del fare opposizione e prospettiva di un’alternativa alla destra peggiore.
La terza nota non so nemmeno io come definirla.
Uno scherzo?
Una fake news?
O una pura e semplice imbecillità di mezza estate?
Fate voi.
Resta che la notizia è circolata in abbondanza: riguarda due miliardari intenzionati a sfidarsi a duello (non ho capito se a botte, di fioretto o a birra e salsicce come in “ Altrimenti ci arrabbiamo”).
Uno dei due in visita dalle nostre parti ne avrebbe parlato con la presidente del Consiglio e col ministro della Cultura che si sarebbero detti disponibili a ospitare l’evento (sic).
Però, bontà loro, negando la disponibilità di utilizzare come scenario il Colosseo.
Ieri il ministro, evidentemente sorpreso dallo stupore e qualche ironia sparsa, si è precipitato a chiarire quale ricaduta in termini di beneficenza l’avvenimento avrebbe determinato.
Mi è tornata a mente quella battuta folgorante: “Quando si tocca il fondo del barile si ricomincia salire”.
Questo governo ha cominciato a scavare!

Gianni Cuperlo

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